Il termine “voicebot” unisce il concetto di “voce” a quello di “robot”. Non parliamo di robot come siamo abituati a conoscerli, ovvero di macchine che collaborano con l’uomo o lo sostituiscono nel lavoro in fabbrica, né tanto meno di quelli di forma umana, bensì di sofisticati software. Di umano i voicebot hanno però la capacità di comprendere il parlato e di rispondere con cognizione alle domande poste o di porre essi stessi delle domande.
Secondo alcune statistiche basate sui feedback lasciati dai clienti, l’adozione di una soluzione di voicebot comporta notevoli benefici nel rapporto con la clientela: tasso di abbandono di un sito o di una chiamata dimezzato; costi di gestione ridotti fino al 40%; incremento del tasso di conversione fino al 60%. In definitiva, il giudizio è positivo da parte di utenti e clienti.
I voicebot si sono dimostrati più efficaci delle chatbot nel gestire l’interazione uomo-macchina, poiché la voce è un modo di esprimersi più rapido e naturale rispetto al testo. Non occorre sottovalutare il fatto, poi, che molte persone sono già abituate a dialogare con una macchina, grazie agli assistenti virtuali come Alexa, Siri e Cortana.
Voicebot e chatbot, sistemi di conversational AI
I voicebot fanno parte, con le chatbot, dei sistemi di conversational AI utilizzati dalle aziende per offrire una customer (o user) experience ottimizzata, massimizzando il tempo di attività (praticamente h24, 7 giorni su 7) e riducendo i costi di gestione. Mentre le chatbot interagiscono con l’utente in forma scritta, i voicebot si spingono oltre e sono in grado di instaurare un dialogo con la persona che si rivolge all’azienda in cerca di informazioni (per questo si definiscono Vocal User Interface). Essi sono in grado di sostenere il rapporto fra il cliente e l’azienda fino al raggiungimento dell’obiettivo (la risoluzione di un problema, la fornitura di informazioni, ecc.) o al passaggio della conversazione a un operatore umano quando la problematica è troppo complessa o necessita di “empatia”.
Uno stesso dialogo può essere quindi gestito sia da un voicebot, sia da un operatore umano: l’assistente virtuale si può occupare di gestire l’assistenza di “primo livello”, per la quale dispone già di risposte (le richieste che l’utente pone nel primo approccio sono ricorrenti), per poi inoltrare all’operatore umano la richiesta specifica. Per l’utente questo significa avere una impressione positiva di continuità di servizio e tempi di attesa praticamente nulli.
I voicebot trovano largo impiego nelle applicazioni di customer care e di marketing, nei settori del commercio, del turismo e, soprattutto in quello bancario, al punto che si parla di “Voice banking”.
Quali tecnologie utilizzano i voicebot
I voicebot sono basati su piattaforme di Natural Language Processing (NLP) – in particolare la parte Natural Language Understanding (NLU) e Natural Language Generation (NLG) – con l’aggiunta, rispetto alle chatbot, di sistemi di Automatic Speech Recognition (ASR).
Per NLP si intendono tecniche di AI e algoritmi per il trattamento automatico delle informazioni in linguaggio naturale; NLU è la parte che si occupa della comprensione del significato di un testo andando oltre la pura classificazione; NLG è un sottoinsieme che serve a costruire testi in linguaggio naturale più familiari all’essere umano. ASR, invece, effettua il riconoscimento della lingua parlata e la sua trascrizione in testo.
Risultati di livello ancora maggiore si ottengono affiancando a Natural Language Processing e Automatic Speech Recognition soluzioni di AI più avanzate, basate sul machine learning e sulle reti neurali. Ciò consente al sistema di apprendere dall’esperienza, come farebbe un essere umano, e di saper riconoscere eventuali errori di pronuncia o di sintassi della persona con cui dialoga, riuscendo comunque a comprendere il significato della frase. In questi casi, alla speech recognition si aggiungono le analisi dei sentimenti e delle emozioni (sentiment e emotion analysis) e il riconoscimento del dialetto.